La diatriba sul vaccino anti Covid quale misura obbligatoria per poter lavorare non accenna a placarsi.
Accanto alle interpretazioni che danno forza al datore di lavoro di imporre il vaccino a norma di legge, si affiancano quelle a favore dei lavoratori indirizzate verso la non obbligatorietà.
Tra questi figura l’ultimo intervento del Garante della privacy, che ricorda che il datore di lavoro non può trattare i dati sanitari dei dipendenti neanche se solo riferiti alle vaccinazioni e neanche se nell'ambito dell'attuale contesto emergenziale collegato alla pandemia.
Il trattamento dei dati in questione potrà tuttavia delegato al medico del lavoro competente, che potrà disporre l’allontanamento dal luogo di lavoro del lavoratore nel caso la mancata vaccinazione determini un inidoneità alla mansione.
Retromarcia anche del l’INAIL che, a seguito di un primo orientamento volto a non riconoscere ai non vaccinati l’indennità per infortunio in caso di contagio sul lavoro, ha modificato la propria posizione riconoscendo la liberta di scelta dei lavoratori no-vax e il diritto alle tutele per infortunio nel caso il virus venga contratto sul posto di lavoro.
In ogni caso, anche qualora il rifiuto del lavoratore alla vaccinazione non produca effetti sul rapporto del medesimo, tale mancanza solleverà il datore di avoro dalla responsabilità ai sensi dell'art. 2087 c.c. che impone a quest'ultimo di adottare tutte le misure di sicurezza possibili utili ad evitare infortuni sul luogo di lavoro
