In ambito lavorativo, le preoccupazioni riguardo l'estendersi dell'epidemia da coronavirus non devono indurre i soggetti che si trovino in una condizione di potenziale pericolo di contagio ad effettuare indagini riguardanti lo stato di salute delle persona a rischio con la quale si trovino a contatto.
Infatti, anche in considerazione dello stato di emergenza, i datori di lavoro devono astenersi dal raccogliere dati sullo stato di salute del lavoratore, effettuare indagini o raccolta di informazioni su sintomi influenzali dei dipendenti e collaboratori, in quanto tali controlli spetteranno esclusivamente agli operatori sanitari preposti.
Il lavoratore dal canto suo sarà obbligato a comunicare al datore di lavoro eventuali notizie riguardanti rischi per la salute e sicurezza sul luogo di lavoro e nel caso provenga da zone a rischio da meno di 14 giorni sarà tenuto a segnalarlo alla ASL.
Analoga raccomandazione in materia di privacy vige per il lavoratore che, nel caso svolga mansioni a contatto con il pubblico, rilevi un presunto caso di soggetto infetto da coronavirus. In questo caso sarà il lavoratore che dovrà evitare qualsiasi indagine di iniziativa personale, dandone notizia ai servizi sanitari competenti che provvederanno a fornirgli le cui indicazioni dovrà attenersi.
La raccolta delle informazioni e i controlli in maniera di coronavirus, infatti, potranno essere effettuati unicamente dagli operatori sanitari e dal sistema attivato della protezione civile, individuati come organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente adottate.
Il Garante della privacy, accogliendo le indicazioni delle Istituzioni circa un coordinamento su tutto il territorio nazionale delle misure in materia di coronavirus, invita pertanto i titolari del trattamento ad astenersi da modalità di raccolta dei dati "fai da te", relativi alla salute di lavoratori e utenti, che non siano previste o disposte dagli organi competenti.
