L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19 ha consentito la più grande sperimentazione del lavoro agile mai avvenuta, dando la possibilità a numerose aziende di approcciare a modalità di lavoro a distanza in precedenza quasi sconosciute.
Dopo un primo momento di incertezza, aziende e lavoratori hanno accolto con entusiasmo il ricorso al lavoro agile riscontrando incrementi di produttività, maggiore motivazione, miglior qualità della vita e riduzione dei costi.
L’esito positivo dell’esperimento conferma la previsione in termini di efficacia dello smart working, che si configura non solo come strumento utile al superamento dell’emergenza ma come il mezzo per l’avvio di una nuova cultura del lavoro, volta ad una revisione degli attuali modelli organizzativi aziendali.
In relazione all’emergenza da Covid-19 , fino al perdurare dello stato di emergenza, lo smart working sarà considerato come il mezzo al quale ricorrere ogni volta che sia possibile. Le recenti norme emesse ne confermano l’importanza prevedendo specifici diritti per gli home worker, come nel caso del D.L.34/2020 che per i lavoratori con figli di età minore a 14 anni sancisce il diritto alla prestazione lavorativa da rendere in modalità “agile”.
Il diritto in questione potrà essere esercitato fino al termine dello stato di emergenza e non opererà automaticamente, spettando solo nel caso l’altro genitore non sia disoccupato o non benefici di forme di sostegno al reddito.
Il lavoratore che benefici del ricorso al lavoro agile non godrà di un diritto assoluto e, nel caso di particolari esigenze, potrà essere richiamato dal datore di lavoro a prestare attività lavorativa in azienda per un limitato periodo in considerazione del fatto che lo smart working, a differenza dal telelavoro, prevede che la prestazione lavorativa sia resa in parte anche nei locali aziendali. In tal caso, data la particolare situazione di emergenza, le occasioni di lavoro dovranno essere limitate e comprovate da situazioni di necessità.
