Nell'ambito dell'assistenza a familiari con handicap grave, il D.lgs.151/2001 prevede la possibilità per il lavoratore di assentarsi dal lavoro per assistere il familiare disabile, usufruendo di un congedo della durata massima di 2 anni retribuito dall'INPS.
Per poter usufruire del congedo in questione, il lavoratore dovrà attestare la convivenza con il familiare da assistere al quale dovrà inoltre prestare un assistenza permanente e continuativa, utile a supportarlo nella sfera personale e di relazione.
La disposizione in questione è contenuta nella sentenza della Corte di Cassazione n. 19580/2019, che in merito dispone che l'assistenza se pur non va intesa come esclusiva, ossia tale da impedire al lavoratore alle proprie esigenze personali, deve però mantenere i caratteri di una cura continuata e globale del familiare.
Il lavoratore che non rispetti tali indicazioni o che comunque usufruisca del congedo in maniera illecita, si troverà a dover rispondere nei confronti di due soggetti. Da un parte l'istituto previdenziale andrà valutato in due diversi ambiti. Da una parte nei confronti del datore e dall'altra nei confronti dell'istituto previdenziale.
Nei confronti dell'Inps per l'indebita percezione dell'indennità relativa al congedo, mentre nei confronti del datore di lavoro, anche se non diretto destinatario dell'erogazione dell'indennità, andrà valutata la condotta del lavoratore ai fini disciplinari.
Infatti, anche se l'indennità è a carico dell'istituto previdenziale il comportamento del lavoratore comporterebbe nei confronti del datore di lavoro, oltre alla mancata prestazione lavorativa continuata nel tempo con conseguente disagio e riorganizzazione aziendale, anche la violazione dell'obbligo di fedeltà di cui all' art.2105 c.c. , che a seconda della gravità del caso potrà integrare giusta causa di licenziamento.
