La L.584/67 riconosce al lavoratore che si assenti per donare il sangue, al fine di recuperare le energie dovute alla trasfusione, il diritto ad astenersi dalla prestazione lavorativa nel giorno della donazione per un periodo di riposo di 24 ore dal momento in cui il lavoratore si assenta per la donazione o , nel caso manchi tale riferimento, dal momento della donazione stessa
Nel menzionato periodo il lavoratore manterrà la normale retribuzione, che sarà dovuta da parte dell'INPS. Al lavoratore sarà inoltre riconosciuto per il giorno della donazione l’accredito figurativo dei contributi utili ai fini pensionistici.
Sussistono, tuttavia, alcune ipotesi nelle quali il lavoratore potrà trovarsi nell'impossibilità di effettuare la donazione.
Figurano tra queste l’esclusione per particolari motivi sanitari previsti dalla normativa vigente, il mancato decorso dell’intervallo minimo di sospensione tra una donazione e l’altra e il mancato prelievo, secondo la programmazione dei bisogni trasfusionali.
In tal caso, qualora il lavoratore si sia assentato per effettuare la donazione, il medesimo avrà diritto alla retribuzione per le ore non lavorate comprese nell’intervallo di tempo necessario all’accertamento dell’idoneità, sia per il tempo di permanenza presso il centro trasfusionale che per quello relativo agli spostamenti alla sede di lavoro.
Dato che si tratta di assenze per le quali è dovuta un indennità al lavoratore, l'illecita percezione di somme per permessi per donazione sangue mai effettuate supportata da falsa documentazione, comporta pesanti sanzioni per il fruitore.
In ambito lavorativo, data la gravita del caso, il dipendente sarebbe passibile della sanzione disciplinare massima, individuata nel licenziamento.
Inoltre,cosi come disposto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 3439/2020, tale ipotesi verrebbe ad inquadrarsi nel reato di truffa aggravata e falsità di atti amministrativi, per la cui fattispecie è prevista la sanzione penale della reclusione.
