La discussa questione sociale in materia di vaccini anti-Covid, rischia di essere amplificata in ambito lavorativo a causa dei possibili scenari di conflitto che potrebbero generarsi.
Se pur non esiste un obbligo di legge di sottoporsi alla somministrazione del vaccino, in materia di lavoro questa potrebbe venir applicata in virtù delle disposizioni di sicurezza che il datore di lavoro è tenuto ad osservare.
L’art 2087 del codice civile dispone infatti che il datore di lavoro è tenuto ad applicare tutte le misure di sicurezza necessarie a tutela l’integrità fisica e morale dei lavoratori.
Gli artt. 266 e successivi del testo unico in materia di sicurezza sul lavoro dispongono che in caso di lavoratori soggetti a rischio di contaminazione da agente biologico, come misura di prevenzione da adottare tramite il medico competente il datore di lavoro può provvedere ad effettuare la somministrazione di vaccini o, nel caso di impossibilità, allontanare il lavoratore dal luogo di lavoro per inidoneità alla mansione.
Ne consegue che il lavoratore che si rifiuti di essere sottoposto al vaccino anti-Covid, quale misura di protezione ufficialmente riconosciuta, potrebbe essere considerato inidoneo alla mansione e allontanato dal posto di lavoro di lavoro senza retribuzione ricorrendo in questo caso la fattispecie dell'impossibilità temporanea della prestazione.
Inoltre, in casi estremi, la mancata vaccinazione potrebbe portare a provvedimenti disciplinari fino a giungere al licenziamento. Si pensi ad esempio dove l'assenza prolungata possa compormettere l'organizzazione aziendale o nel caso il rifuto avvenga nell'esercizio di attività maggiormente esposte al rischio, quali quelle sanitarie, o nel caso determini un comportamento contrario al codice etico/professionale dell'attività esercitata.
La questione è tuttavia controversa in quanto in apparente constrasto con l'art. 32 della costituzione, che dispone che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per obbligo di legge; obbligo in specie tuttavia imposto indirettamente dal menzionato art. 2087 c.c.
Si ritengono pertanto necessari ulteriori interventi legislativi utili a scongiurare contenziosi di difficile soluzione.
