Nell’ambito dell'obbligatorietà dei lavoratori di sottoporsi al vaccino anti Covid, a fianco delle disposizioni del cod. civile che nell’art. 2087 danno forza al datore di lavoro al fine di imporre “a norma di legge” il vaccino, se ne affiancano altre che ipotizzano le stesse conclusioni a seguito di altri obblighi di legge ai quali sono tenuti gli stessi lavoratori.
Le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro oltre ad obbligare il datore di lavoro ad adottare tutte le misure di tutela possibili, impongono ai lavoratori di prendersi cura della propria sicurezza e di quelli degli altri lavoratori. Ne consegue che sia da parte del datore di lavoro che dei lavoratori la misura di protezione per eccellenza, nel caso in specie, è quella di adottare la somministrazione del vaccino soddisfacendo così gli obblighi di entrambe le parti.
Il rifiuto al vaccino da parte del lavoratore comporterebbe pertanto una duplice inosservanza, sia quella nei confronti delle direttive del datore di lavoro che quella contraria alle disposizioni dell’art.20 del Testo Unico sulla sicurezza del lavoro, con le possibili conseguenze disciplinari.
La questione rimane comunque controversa in quanto va a comprimere alcune liberta individuali (anche se in epoca di pandemia molte sono state le libertà passate in secondo piano rispetto alla tutela della salute dei singoli e della collettività) e, in attesa di un intervento normativo chiarificatore, il tutto andrebbe gestito secondo principi di buona fede e correttezza.
