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Coronavirus e attività lavorativa

2020-02-25 16:39

Gabriele Mazzuoli

Tutele previdenziali e assistenziali, Covid-19, Lavoro agile, Malattia, Cassa integrazione, Cessazione del rapporto di lavoro,

I centinaia di casi di coronavirus oramai accertati anche in Italia stanno mettendo in difficoltà le aziende che, direttamente coiinvolte o intimorite

I centinaia di casi di coronavirus oramai accertati anche in Italia stanno mettendo in difficoltà le aziende che, direttamente coiinvolte o intimorite da una possibile espansione del virus, si trovano a dover fronteggiare una situazione che desta non poche preoccupazioni.

Per limitare l'avanzare dell'epidemia e gestire l’emergenza, sarà necessario introdurre una serie di contromisure che non vadano a compromettere lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Una possibile soluzione, ove fattibile, può essere rappresentata dall'introduzione dello smart working con il quale il lavoratore potrà svolgere la prestazione lavorativa direttamente da casa con modalità telematiche.

Se pur la Legge n.81/2017 prevede per l'accesso allo smart working il deposito presso il Ministero del Lavoro di un accordo che ne regolamenti le modalità, data la particolare situazione di emergenza, il DPCM del 23/02/2020 dispone la possibilità per le aziende delle aree a rischio di ricorrere a modalità di “lavoro agile” senza il preventivo deposito dell’accordo.

Relativamente invece a situazioni di possibile contagio dei lavoratori, le assenze dei medesimi verranno ad inquadrarsi in fattispecie diverse a seconda della motivazione dell’assenza.

Qualora l’assenza sia dovuta ad un ordinanza emessa dalle autorità, la stessa darà comunque diritto al prestatore di percepire la retribuzione anche in mancanza di attività lavorativa.

Analoga situazione, nel caso le disposizioni delle autorità riguardino un provvedimento di sospensione dell’attività delle aziende ubicate nelle zone a rischio. Anche in questo caso, dal momento che la sospensione verrà attuata per fatti indipendenti dalla volontà del lavoratore, al medesimo sarà comunque dovuta la retribuzione.

Data la situazione di emergenza, e l’assenza di disposizioni normative e ammortizzatori sociali in merito, per evitare che l’obbligo retributivo ricada interamente sul datore di lavoro sono al vaglio del Ministero del Lavoro e delle Finanze appositi provvedimenti di urgenza, tra cui quelli relativi a cassa integrazione in deroga nonchè richieste di sospensione degli adempimenti contributivi e fiscali per le aziende delle aree a rischio.

Nel caso invece che il lavoratore venga messo in quarantena e sia sottoposto al regime di sorveglianza attiva per sintomi riconducibili al coronavirus, o comunque ricompreso fra gli individui che hanno avuto contatti stretti con soggetti malati, la sua assenza sarà considerata come malattia con l’applicazione del relativo trattamento economico/normativo.

In ultimo il dipendente che si assenti volontariamente dal lavoro per paura del contagio, in mancanza di disposizioni restrittive sulla libera circolazione da parte della pubblica autorità, sarà considerato come assente ingiustificato e soggetto a provvedimenti disciplinari che potranno anche comportare il licenziamento del lavoratore.

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Assenze per vaccino anti Covid Salvo il caso che la vaccinazione comporti degli effetti collaterali che impediscano l’attività lavorativa, quindi da trattarsi come malattia, i lavoratori che si assentino per l’effettuazione del vaccino saranno tenuti a giustificare l’assenza con ferie e permessi. Infatti, anche se il ricorso alla vaccinazione rappresenta un adempimento volontario di interesse generale, non è prevista una norma specifica che preveda degli specifici permessi per giustificare l’assenza del lavoratore che si sottopone alla somministrazione del vaccino. La normativa in questione prevede infatti solo nel caso che la vaccinazione sia disposta dal datore di lavoro l’equiparazione dell’assenza alle ore di effettivo lavoro. Il D.L. 41/2021 prevede altresì degli specifici permessi retribuiti per il personale scolastico mentre al di fuori di queste casistiche, al fine di evitare che i lavoratori debbano attingere al loro cassetto di ferie e permessi, le assenze dovranno essere regolamentate da specifici accordi aziendali. In ogni caso, in considerazione del fine di interesse generale, l’assenza del lavoratore per adempiere alla somministrazione del vaccino sarà da considerarsi sempre giustificata non potendo il datore di lavoro contrapporsi alla decisione del lavoratore di tutelare la propria salute e quella della collettività